La comunità del compost
Irene Pucci, Mariateresa Salvati, Claudia Giannuli, Rupert Sheldrake, Natalija Dimitrijević, Francesco Paolo Grassi, Arianna Ladogana, Cosimo Pisani, Pier Alfeo, Unità Analitica Biologia e microbiologia ambientale (Laboratorio Multisito, Ravenna - Arpae Emilia Romagna), Lucia Uni, Mario Ferrarelli, (Terra Building Design), Nina Miceli Uni, Francesco Fossati, Marco Antonini, Donato Trovato, Silvana Di Blasi, Mila Balzhieva, Like A Little Disaster, Merlin Sheldrake, Martina Petrelli, Raffaele Fiorella, Elisa Gallenca Mariangela Stoppa, Andreas Ervik, Siv Dolmen, Giovanni Pinto, Ada Penna, Giuseppe Pinto.
A cura di Like A Little Disaster
2 Agosto / 30 Settembre 2024 @Foothold, Polignano a Mare
La Comunità del Compost prende in prestito il titolo e i topics di un racconto breve scritto da Donna Haraway “The children of compost” sull’unione simbiogenetica di una bambina umana e una farfalle monarca. Questa idea è profondamente radicata nello spirito del collettivo, quindi il progetto sarà fondamentalmente guidato dall’obiettivo di coltivare collaborazioni e partnership tra artisti, filosofi, musicisti e ricercatori di varie discipline. Ogni opera/progetto è stato creato attraverso la collaborazione tra due o più esseri.
È importante capire quali pensieri pensano altri pensieri. È importante capire quali conoscenze conoscono altre conoscenze. È importante capire quali relazioni mettono in relazione altre relazioni. È importante capire quali storie raccontano altre storie.
Promuovendo collaborazioni vivaci, l’obiettivo del progetto è quello di creare esperienze artistiche trasformative che sblocchino nuove dimensioni di comprensione della complessità della natura e dell’interconnessione di tutti gli esseri viventi. Attraverso la lente del progetto, cerchiamo di provocare contemplazione e coinvolgimento, incoraggiando gli spettatori a percepirsi come parte di un ecosistema più ampio.
Lo scopo della C. d C. è quello di creare esperienze artistiche che riflettano i cambiamenti intricati e rapidi che avvengono all’interno del nostro pianeta. Inoltre, aspiria a evocare un profondo senso di connessione e riverenza per l’intricata rete di vita di cui facciamo parte.
Nella C. d C. vivono nuove creature umane nate da parentele intessute con altre specie. Hanno il compito di preservare quel che rimane e onorare ciò che è perduto. La C. d C. ci insegna a scrivere storie e vivere vite orientate alla prosperità e all’abbondanza. E’ un simbolo di collaborazione e alleanza intraspecie, di decostruizione e re-apprendimento. La C. d C. è un ecotono, una piccola colonia/villaggio//rifugio di individui migranti trans-soggettivi, di rifugiati, umani e non, senza rifugio.
La C. d C. stimola alleanze, crea relazioni, non solo tra gli esseri umani, ma tra le specie tutte per riuscire a sopravvivere al disastro. Essa avviluppa una miriade di temporalità e spazialità e una miriade di entità intra-attive, assemblaggi tra cui il più che umano, altro da umano, disumano e umano-in-quanto-humus. L’individualismo, il genere, lo specismo non hanno senso qui, perché tutti i viventi sono ibridi e simbionti, connessi in un reticolo complesso con altre cosiddette specie. Intrecciati in una co-evoluzione inestricabile.
Siamo in gioco gli uni con gli altri in ogni mescolanza e rivolgimento della pila compost terrestre. Siamo compost, non postumani; abitiamo le humusità, non le humanità.
Nella C. d C. le parentele significano qualcosa di diverso/di più delle entità legate da origini o genealogia. Le specie compagne sono modalità di relazione naturalculturali trans-specie, progetti di confine e coabitazioni rischiose, che non presuppongono la similitudine o la comunanza, ma una disponibilità a coltivare alleanze trasversali e tessere ecosistemi, e così “mondeggiare” [worlding], in modi che possono rivelarsi tanto generativi quanto distruttivi, ma non sono più riproduttivi (nel duplice senso di non ricorrere né alla filiazione né alla duplicazione dell’Identico).
Making kin, not population.
La C. d C. è l’insieme di tutte le forme di vita, ma anche l’insieme di tutte le forme di vita che sono morte e hanno concimato e modificato la Terra, la sua struttura e la sua storia. Tutto è vita, anche ciò che non sembrerebbe esserlo: il ferro è un sottoprodotto del metabolismo batterico così anche l’ossigeno. Le montagne possono essere fatte di conchiglie e batteri fossili e la cosa decisiva è che la maglia (MESH) del compost non ha nessun elemento più importante o essenziale degli altri.
La C. d C. ambisce ad essere una fabula speculativa attraverso la quale immaginare futuri possibili dove la specie umana unisce le forze ad altre specie (biotiche-abiotiche, organiche-tecnologiche) per prendersi di nuovo (e meglio) cura del villaggio-pianeta.
Siamo tutti licheni; per questo possiamo essere spazzati via dalle rocce dalle Furie, che ancora esplodono per vendicare i crimini contro la terra. In alternativa, possiamo unirci alle trasformazioni metaboliche tra e fra rocce e creature per vivere e morire bene.
*Tutte le citazioni da “Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto” di Donna Haraway