Heedful Sight

Heedful sight

Joachim Coucke, Maurizio Viceré

A cura di Mattia Giussani - Organizzata e supportata da Like a Little Disaster

25 Novembre 2018 / 30 Gennaio 2019, @Foothold, Polignano a Mare

“Heedful Sight” è il secondo appuntamento di TALEA, una serie di progetti curati da Like A Little Disaster focalizzati sulle pratiche di curatori internazionali.
La talea è il frammento di una pianta usata per la propagazione vegetativa (asessuata). Generalmente la talea viene sistemata nel terreno o nell’acqua per rigenerare le parti mancanti, dando così vita ad una nuova forma di vita indipendente da chi l’ha originata.

Nella società digitale automatizzata nella quale viviamo, ci sembra di essere da un lato guardati, violati o spiati da agenzie governative e corporazioni, e dall’altro curiosi delle vite altrui attraverso il costante flusso dei social media feeds. Due esempi recenti di questa condizione sono il GCHQ (Government Communications Headquarters), una delle agenzia di intelligence e sicurezza del Regno Unito, che ha intenzione di aumentare i suoi sistemi di hackeraggio dei dati, o Google, che sta aiutando le agenzie militari e governative attraverso la geolocalizzazione del servizio Google Earth. Questa onnipresente dicotomia, questa continua esperienza di essere guardati e guardare, è un’importante contraddizione del comportamento umano contemporaneo, causato dalla nostra dipendenza dalla struttura computazionale e tecnologica, specialmente su un livello cognitivo ed ecologico.

In Heedful Sight, Joachim Coucke e Maurizio Viceré presentano elementi che esplorano le cause e gli effetti di questa collisione. Guardando ai loro lavori in mostra possiamo osservare come essi agiscano come forze divergenti, come due diversi poli di una batteria che si complementano l’un l’altro.

I cinque dipinti della serie Kh di Maurizio Viceré si estendono nelle tre stanze di Foothold affrontando diverse suggestioni. Questi paesaggi modificati nelle tonalità dei blu e dei neri ci mostrano una realtà pixelata, poco chiara nebbiosa. A prima vista possono sembrare l’immagine distorta degli screensaver che troviamo di default in ogni un nuovo computer o portatile. Riguardandoli meglio però, possono essere percepiti come un ambiente ecologico esausto dal quale materiali grezzi vengono estratti per produrre i gadget tecnologici che usiamo ogni giorno, o come una versione post-apocalittica del cielo, con le nuvole che alludono alle nuvole digitali che immagazzinano tutti I nostri dati. Il logo di Google e’ presente in tutti dipinti. Ogni logo è quasi mimetizzato nei dipinti, rendendo molto difficile la sua individuazione. La sua presenza è una chiara associazione fra l’ambiente digitale creato attraverso la tecnologia e l’onnipresenza di Google al suo interno. Il mondo computazionale é diventato cultura, e con riguardo a Google: esso é diventato indice e arbitro di tutta la conoscenza umana. Inevitabilmente, qualunque cosa trovata su Google diventa quello che la gente pensa.

Come queste circostanze, nelle quali la conoscenza è quasi imposta, incidono sulla nostra visione e percezione del mondo? E cosa accadrà in futuro?

I sette lavori mixed-media realizzati da Joachim Coucke, tutti parte della serie Dwellers, esplorano queste problematiche. Le sculture, installate nelle tre stanze ad altezze diverse, sono un assemblaggio di diversi tipi di rifiuti tecnologici e plastici. La cura e l’attenzione per i dettagli è notevole. Nella loro apparente semplicità, sono complessi e ricchi di dettagli visibili solo ad uno sguardo accurato. Ventole di dischi rigidi, piccoli schermi LED, cavi, cornici di tablet sono solo alcuni dei rifiuti tecnologici prodotti dal capitalismo digitale contemporaneo. Osservando lo spazio espositivo, sembra che questi conglomerati materici stiano attraversando i paesaggi di Vicerè. Queste sculture rappresentano un nuovo tipo di fossile digitale, chiamano in causa l’idea di rifiuto tecnologico e quanto distruttivo possa essere il suo potere; i materiali tecnologici rientrano nel regno ecologico in una forma differente rispetto a quando furono estratti come materiali grezzi. Alcuni di queste concreazioni tecnologiche rivelano anche dei calchi/maschere di facce umane che, senza emozioni ed espressioni, alludono a una perdita di consapevolezza umana parallela, ma anche dipendente, agli avanzamenti tecnologici. Queste maschere prefigurano un futuro dominato dalla perdita di controllo delle nostre azioni e dell’abbandono del nostro pensiero critico.

Mattia Giussani

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