Everytime you switch me off, I die. A little.

Everytime you switch me off, I die. A little.

Daniela Corbascio, Claude Eigan, Alexandra Koumantaki, Andrea Martinucci, Catalina Ouyang, David Stjernholm, Maurizio Vicerè e un dreamtale di Jonny Tanna

A cura di Like A Little Disaster

28 Aprile / 2 Giugno 2018, @Foothold, Polignano a Mare

ON

– Dove va la fiamma d’una candela, quando la candela viene spenta? Dove va la luce? Dove va il passato?

Prima ho capito che non sono immobile al centro dell’universo. Poi che non sono distinto e diverso da ogni altro essere senziente e non senziente. Che sono lontano dall’essere interamente trasparente a me stesso. Adesso, la luce digitale mi dice che non sono un agente separato, ma un organismo informatico che condivide con altri un ambiente globale fondamentalmente costituito da informazioni: l’Infosfera luminosa.

Mi osservo osservarmi nella produzione comunicativa. Mi guardo con gli occhi di un possibile pubblico. Intravedo me stesso nelle tracce luminose che produco online. Osservo la luce e la luce mi osserva, mi cattura, ne sono assoggettato. 

Rischio di perdermi nella rete labirintica di connessioni mutevoli e temporanee, la frammentazione della percezione di me stesso corrisponde a una molteplicità di relazioni incoerenti e fra loro sconnesse. Queste intermittenze mi spingono in una miriade di direzioni, mi portano a interpretare una quantità di ruoli tale da sfocare la coscienza che ho di me stesso.

-Il sé completamente saturato dalla luce digitale diventa un non sé?

Nella tecnosfera luminosa si manifesta la possibilità non ancora in essere nel mondo reale. Ogni manifestazione nella realtà fisica deve avere una rappresentazione luminosa. Tutti i cambiamenti nella natura fisica sono la conseguenza dei processi informativi digitali; la natura è finita nella luce digitale. 

Abito un luogo dove intelligenze autonome si moltiplicano, dove corpi – macchina generano immagini alimentate da informazioni autonome che diventano nuove forme di vita, dove milioni di ambienti coabitano nello stesso spazio fisico, creando una catena di mondi paralleli. L’immagine si smaterializza, mentre io mi fondo con un medium luminoso che mette in discussione le nozioni di autorialità, corporeità.

L’identità viene sovraccaricata dalla pluralità delle mie proiezioni iconiche, cadendo in un disequilibrio biologico nel quale si sviluppa una proliferazione informativa, una luce di fondo che diventa caratterizzante l’identità stessa, al punto di confonderla con le tracce degli altri attori distribuiti nella rete. 

La luce mi consente di entrare in una zona dai confini labili, soggetta a continua ridefinizione, segnata da appartenenze multiple e dall’osmosi fra centralità e margini. Attraverso la luce mi propago istantaneamente in ogni direzione, mi moltiplico in un processo senza fine, mi estendendo in ogni direzione.

Sono circondato da bagliori luminosi che amplificano la mia capacità di guardare nella materia e nello spazio. Conosco, percepisco, incontro e comunico con gli altri e con l’ambiente attraverso luci-protesi capaci di far corpo con il mio corpo, di dissimulare in tempi rapidissimi la propria alterità. Io sono presente-assente. Presente nell’assenza. Sono qui e allo stesso tempo là, sono on e off, il mio corpo si dilata, si proietta, si estende “naturalmente”. Sono nella luce di un’esperienza transpersonale che mi permette di guardare nell’interconnessione di tutte le cose, la permeabilità e l’instabilità dei confini, la mancanza di distinzione tra la parte e il tutto, il primo piano e lo sfondo, il contesto e il contenuto.

Mi muovo in un panorama dove la carne non necessita più di redenzione perché già fattasi corpo di luce.

SIA LODE ALL’ILLUMINAZIONE PERFETTA E ONNIPERVADENTE DEL GRANDE MUDRA. RIVOLGI A ME IL GIOIELLO, IL LOTO E LA LUCE RADIOSA.

OFF

More beautiful than the day, peaceful by all means, the star-studded, pensive and soft night is a better model of knowledge than the sun-struck, cruel, exclusive, eye- hurting, ideologically-prone and opinion-ridden light of day.

Abito uno spazio fluido che estende i limiti finiti della metafisica tradizionale, riconducibile alla vista e alla luce antropocentrica, cioè legata alla dimensione spazio-temporale propria della sensorialità umana. Mi svincolo dalla struttura antropologica ancorata alla “visione”, alla verità dell’evidenza, e mi perdo nell’orizzonte trans-umano, che si rivela trans-ottico e trans-luminico, trans-spaziale, trans-temporale.

Il mio universo rimanda a quanto è diffuso, non localizzabile o definibile, a quel che non si mostra, a quel che è avaro di segni, che si esprime, se lo fa, in modo ambiguo e trasversale.

La luce mi acceca e mi impedisce di vedere, sono le ombre a darmi la percezione della profondità, a rendere il mondo sensibile dotato di spessore e rilievo. Ho bisogno di ombre per lasciare all’oggetto l’opacità che gli è propria. Ho bisogno di ombre per fuggire dalla luce accecante di un universo bidimensionale.

– I was in the center of an immense grotto. The ground was covered with fine sand bespangled with gold. The vault was as high as that of a Gothic cathedral, and stretched away out of sight into the distant darkness. The walls were covered with stalactites of varied hue and wondrous richness … The decomposition of the luminous rays by the thousands of prisms, the showers of brilliancy that flashed and flowed from every side, produced the most astonishing combination of light and color that had ever dazzled the eyes of man.

press

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