SAGG Napoli – E cos favz s’appicn – Fake things are flamable

E cos favz s’appicn – Fake things are flamable

SAGG Napoli

A cura diLike A Little Disaster

5 Agosto / 19 Settembre 2018, @Foothold, Polignano a Mare

L.A.L.D. è felice di presentare SAGG NAPOLI – E COS FAVZ S’APPICN – FAKE THINGS ARE FLAMABLE, una pubblicazione digitale realizzata in occasione della mostra personale di SAGG Napoli, curata da Like A Little Disaster.

“Quando Napoli era una delle più illustri capitali d’Europa, una delle più grandi città del mondo, v’era di tutto, a Napoli: v’era Londra, Parigi, Madrid, Vienna, v’era tutta l’Europa. Ora che è decaduta, a Napoli non c’è rimasta che Napoli. Che cosa sperate di trovare a Londra, a Parigi, a Vienna? Vi troverete Napoli. E’ il destino dell’Europa di diventar Napoli. Se rimarrete un po’ di tempo in Europa, diverrete anche voi napoletani.”1

In uno scenario dominato dalla chiusura delle frontiere nazionali, dalla paura e il sospetto razziale, da pregiudizi culturali e sessuali, la ricerca di SAGG NAPOLI si interroga sui concetti di produttività, autocontrollo e realizzazione personale, così come su quelli di inferiorizzazione culturale, sub-alternità, soggettivazione gerarchia e divenire. La sua pratica può essere vista come un processo teso a smontare le strutture di oppressione che governano il modo in cui i corpi marginali vengono percepiti in relazione/opposizione a un ideale nord-centrico. Il corpo, l’abbigliamento, gli ornamenti, gli atteggiamenti di SAGG NAPOLI diventano strumento per un azione personale e politica. Il corpo periferico diventa spazio di resistenza, caratterizzato da quella cultura segregata di opposizione che è la risposta critica al dominio. E’ dal margine che le norme dominanti vengono messe in discussione, minacciate dalle pratiche materiali del corpo.

“To be the margin is to be part of the whole but outside the main body.”2

SAGG NAPOLI opera attraverso una cartografia contemporaneamente contratta ed estesa, che trasforma il Sud da oggetto subalterno, messo a tacere da un progresso proposto in maniera unilaterale, in una forza critica attiva. Il suo lavoro riesce a smuovere il retaggio di un’eredità che da diversi secoli soffoca il Sud in una serie di stereotipi e invenzioni che negano i rapporti asimmetrici di potere che traducono processi storici e politici in rapporti geografici, creando i sud subalterni e subordinati al Nord del pianeta. La narrazione è per l’artista un mezzo attraverso il quale poter esplorare questo complesso groviglio socio-politico, le sue sedimentazioni storico-culturali e le sue connessioni geo-politiche. Il Sud diviene la dimostrazione di un sé capace di creare una nuova coscienza critica del mondo contemporaneo e della “microfisica dei poteri” che governano i corpi, i desideri e le scelte degli esseri umani.
Napoli, la sua città natale, è il punto di partenza di una racconto antropologico che parla di dominazione e lotta, vittorie e sconfitte, di una “città porosa”, capace di assorbire, contaminare e contraffare modelli e imposizioni straniere. Attraverso una pratica costante che mescola osservazione critica, auto-biografica e di coinvolgimento profondo, le opere in mostra – dentro e fuori lo spazio / online e offline – rappresentano una sfida storiografica che collega la questione meridionale non solo agli altri sud nel mondo, ma anche al senso critico del tempo presente che li produce e pensa di essere in grado di spiegarli.

People can view “SAGG NAPOLI” as a brand-like acronym, as a project name or a nickname… It’s up to them. South aesthetics is not just about a place. It is the result of the historical socio-political relationship existing between the north and south of Europe. Throughout history the south has been viewed and represented as popular, almost folkloristic, and therefore dismissed by mainstream cultural production. At the same time, society is intrinsically indebted and drawn to the north, which is seen as representing the future, thanks to its economical strength. But the south is still the place that 
produces things for northern Europe. This cultural and economical phenomenon generates an aesthetic relationship in which the south mimics cultural production (music, art, architecture and fashion) in the north, yet the south is often what inspired and manufactured this cultural production, and is therefore twice removed from the original source: itself. As a result everything looks a bit outdated, a bit run down, a bit off… The question is: what can we do with it, and can we at least recognize it? This is what I call #southaesthetics.3

1. Curzio Malaparte, La pelle, 1949
2. bell hooks, Elogio del margine, 1984
3. SAGG NAPOLI, DRY Magazine, 2018

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