And if I left off dreaming about you?

And if I left off dreaming about you?

Stine Deja, Gioia Di Girolamo, Motoko Ishibashi, Lito Kattou, Botond Keresztesi, Maurizio Vicerè – Vice

A cura di Like A Little Disaster

18 Giugno / 18 Agosto 2017, @Foothold, Polignano a Mare

 photo credits: Ivan Divanto, Like A Little Disaster

– Che cos’è la realtà? 
– In che senso io sono presente o assente? 
– Un’ambivalente contrapposizione tra quello che io conosco e quello che esiste indipendentemente dalla mia conoscenza. In altre parole la realtà esiste in sé al di là della mia mente, del mio sguardo e della mia esperienza o è ontologicamente inesistente e quindi è un’illusione, o meglio, un sogno?

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La realtà ha bisogno di alimentarsi di finzioni perché all’essere umano la realtà del mondo non basta mai. Basta ancora meno nel panorama tecnologico, visivo e iconografico nel quale è oggi immerso, uno spazio nel quale la finzione ha acquisito una straordinaria capacità di diventare realtà e cancellare, in un continuo gioco degli specchi, gli originali di cui è rappresentazione. 

L’immagine, in quanto riproduzione e rappresentazione del reale, conferma la sua insita e insidiosa falsità. 

Lo sguardo, nella sua interpretazione del reale, è sempre più mediato tecnologicamente e come tale anch’esso falso, ingannatore e produttore di nuovi simulacri. 

L’iperrealtà è tanto incerta quanto il sogno, che è sognato come è sognato colui che lo sogna, e così fino all’infinito. 

Il carattere relazionalmente ipertrofico che sottende le reti di comunicazione nel nuovo spazio antropologico dell’intelligenza collettiva esalta soggettivazioni che si costituiscono come ibridazione di reale e apparente, in cui si manifesta il collasso dell’immaginario sul reale. Una migrazione di tecnologie dalla fantasia all’effettuazione, con conseguenze che riguardano le dimensioni di scorrimento e di consistenza della coesistenza/esperienza quotidiana. 

Ciò che fino a ieri ha abitato la dimensione psichica, emotiva e privata dell’uomo, la fantasticheria, il sogno, esce dalla sua dimensione segreta, si fa direttamente comunicabile, può essere condiviso con gli altri, diventare esperienza comune, al di là dello strumento linguistico. Tutto può essere oggettivato, rappresentato, fatto vivere, il nostro corpo tecnologizzato si porta dietro tutto un mondo, un ambiente in cui prosperare, esprimersi, crescere e rafforzarsi. E se questo è possibile, s’intende che il dogma dell’unicità del reale vacilla: la frantumazione dell’io porta con se la pluralità dei mondi. Gli universi paralleli sono usciti dai libri di fantascienza o dalle ipotesi cosmologiche più ardite dei fisici quantistici per diventare i mondi della porta accanto, da cui si può entrare ed uscire con estrema facilità.

Il nostro comportamento sociale si muove in un universo narrativo dove la carne non necessita più di redenzione perché già fattasi virtuale, corpo di luce. In questa prospettiva, l’universo che ci circonda diviene il corpus hermeticum di nuove mitologie fanta-tecnologiche e para-spirituali, che descrivono nuovi modelli collettivi di rappresentazione e di identificazione, non solo in termini psicologici ma anche in termini di appercezione sensoriale. 

Le nuove tecnologie abituano a vivere la propria corporeità in una nuova forma immateriale, psicologica, in qualche modo analoga alla forma animica e miracolosa attribuita tradizionalmente ai santi, agli asceti e agli sciamani dell’antichità; in questo senso, la tecnologia consente di vivere una inquietante sottospecie di “viaggio nello spirito”, che nella sua forma originale è caratterizzato – secondo le antiche tradizioni – proprio dalla coincidenza onirica, tra soggetto ed oggetto della conoscenza, e dalla immersione in una specie di identità trascendentale con il mondo. Ecco allora che l’elettronica – che non ci ha permesso di arrivare su Marte – ci permette però di vivere come collettività questo sogno, dando ad esso un corpo meta-fisico (o pseudo-spirituale) totalmente credibile, coinvolgente, immersivo, interattivo.

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– Rimarrebbe da capire come mai esista oggi una diffusa, e sempre più ossessiva, smania per i mondi evanescenti, una voglia febbrile di proiettarsi almeno illusoriamente, nel rarefatto mondo delle non-cose. Un mondo questo che, nell’odierno immaginario collettivo, assume  la forma della fantasmagorizzazione. Perché sebbene le cose in quel mondo trasognato perdano la materialità, le non-cose risultanti sono sempre vissute, tutto sommato come simulacri di cose. O meglio: come se si trattasse di corpi senza corpo. Fantasmi di corpi. Fantasmi di cose.

press

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