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Testi e contributi di: Murray Cox (Inside Airbnb), Cecilia Guida, Darren Marshall, Like A Little Disaster

A cura di Like A Little Disaster e PANE Project

4 Agosto / 22 Ottobre 2019 @Foothold, Polignano a Mare

In un ecosistema totalmente turistificato come quello di Polignano a Mare, “SUPERHOST” usa la strategia del camouflage come ironica ipotesi di resistenza.
“SUPERHOST” è un vero/finto bnb che si manifesta attraverso un’identità dissolta in un camaleontismo permanente. Esso emerge come un sistema complesso di strategie di presentazione (del me, del prossimo) e di rappresentazione (del sé, degli altri) che operano secondo forze in gioco. Queste forze ridefiniscono – riorganizzano e ridispiegano – le forme del visibile; ci invitano a ripensare l’idea di segno e di produzione segnica, di rappresentazione e di distorsione della rappresentazione.
L’interpretazione dell’ambiente di “SUPERHOST” non ha a che fare con i concetti di verità e finzione. Al suo interno non è necessario che i segni impiegati siano veri o falsi, ma efficaci. A valere è la credibilità del simulacro offerto all’altro, le mosse interattive e i regimi di credenza e di sospetto che s’innescano.
La messa in scena reitera mantenimento del dubbio, di un duo-habere, il non riuscire a trovare una soluzione univoca nell’osservazione, il mantenere vivi entrambi gli estremi della coppia cognitiva vero/falso.

Lo sguardo, il filtro interattivo tra verità dalla finzione è messo in relazione con la teoria del “sight seeing” (‘vedere le cose da vedere’), secondo la quale l’esperienza turistica (o l’esperienza del consumatore contemporaneo tout court) sarebbe profondamente alterata per il fatto di essere preselezionata e preconfezionata, connotata da una serie di miti sociali dipendenti da costruzioni storiche rivolte a una specifica classe, quella agiata. L’industria turistica nasce dall’alienazione prodotta dal capitalismo nel quale anche il tempo libero e lo svago sono plasmati dal carattere coatto di una società ripiegata sul proprio smatphone, e il viaggio organizzato diventa l’emblema della totalitarietà di questo sistema. L’industria turistica è totalmente dentro quella culturale. Ciò che si acquista è un capitale simbolico ma paradossalmente la liberazione dal mondo dell’industria avviene mediante la creazione di un’altra industria.
Nel momento in cui il turismo diventa un fenomeno massificato l’elemento che serve di norma al viaggio è la “sight”, la cosa da vedere, classificata con una, due o tre stelle, secondo il suo valore. Il turista conosce l’oggetto come “sight”, vale a dire come elemento normalizzato, degno di essere assunto come obiettivo di un’esperienza. La dominanza della sight, la traduzione in immagini delle cose e la loro normalizzazione reagiscono sulle cose stesse, riducendole alla condizione di museo, di orto botanico, di giardino zoologico o luna park. Messe in vetrina, le cose da vedere subiscono una trasformazione capitale: sono distaccate dal loro contesto, private delle loro reti, del rapporto con le condizioni che le hanno determinate e che possono, esse sole, spiegarle.
SUPERHOST esplora l’inautenticità: nel senso che il turista in viaggio non vedrebbe il mondo così come esso è realmente, ma solo il mondo che è stato selezionato per lui / o predisposto accuratamente dalle stesse comunità locali; non vedrebbe quindi delle cose, naturali o culturali che siano, ma solo la loro immagine. L’articolazione spaziale forgiata dall’ansia per il verosimile e per l’iconico, riprende in definitiva segni di segni con cui siamo abituati a rappresentare il mondo, l’altrove, l’alterità.

La seduzione subentra alla persuasione.

Il segno è fatto per mentire!

Nel suo complesso il progetto cerca di mettere a fuoco alcune trasformazioni topologiche che portano dal locale al globale e poi riornano al locale. I macro-attori sono composti di micro-attori – gli aggregati non sono fatti di materiale diverso da quello che aggregano.

Indice:

I
Gli effetti reali del capitalismo immateriale.

II
La distruzione creatrice praticata dall’industria turistica. Produrre crescita e sviluppo economico distruggendo le basi su cui quella crescita era basata.

III
La nozione di turistificazione e i suoi parenti ontologici, (gentrificazione, commodificazione).
Airbnb come strumento per la discriminazione sociale e raziale.

IV
Le condizioni del lavoro contemporaneo (e del lavoro emotivo) relative al post-bio capitalismo.

V
L’alienazione che circonda il terzo settore – la preoccupazione di essere sostituiti dalla macchina.

VI
Come diventare SUPERHOST. Come essere SUPERHOST con una sola stella triste.

VII
Sharing/green economy e impatto ecologico.

VIII
Overtourism.

IX
Plastiche, tubature, impianti fognari.

X
Touring Cultures: una pescheria che diventa la caricatura di una pescheria.

XI
Brandizzazione della sfera privata e dello spazio pubblico. Privatizzazione dello spazio pubblico e la simultanea estensione-ostentazione pubblica della vita privata.

XII
Il senso di comunità/collettività. I concetti di con-divisione e con-vivenza (all’interno di una visione della rete estesa all’umano – non umano, al biologico tecnologico).

XIII
L’ambivalenza schizofrenica tra l’immagine di apertura e accoglienza che molte città e regioni cercano di dare di se stesse, e le contemporanee politiche globali/locali che usano categorie che chiudono ed escludono.

XIV
Vacanzieri come iperoggetti.

XV
4,5 gigatonnellate di CO2 ogni anno.

XVI
Adela/Xenia.

XVII
Turismo come forma di neocolonialismo
+
Se la “natura” ci ha insegnato che la diversità è una necessità perpetua e urgente, cosa può accadere a un territorio trasformato in monocoltura attraverso un’economia unidirezionale?

Il Locale (un abitante del luogo) e il Turista
Una conversazione.

Testo di Darren Marshall

Duane Hanson, Tourists II
Duane Hanson, Tourists II

In una triste e umida apologia di un pomeriggio di fine dicembre, Mr. Locale (un abitante del luogo) entra nella Scottish National Gallery of Modern Art di Edimburgo per trovare momentaneo riparo dalla pioggia accecante. Prende posto di fronte a “I Turisti II”[1] di Duane Hanson – due sculture a grandezza naturale raffiguranti due turisti, un uomo e una donna – e si stupisce vedendo la figura maschile sbattere le palpebre e, con un leggero spostamento di peso dalla gamba sinistra alla gamba destra, emettere un leggero sospiro e fare un passo avanti. Non avendo familiarità con la living art e i relativi protocolli di interazione e coinvolgimento, ma essendo un soggetto geniale dotato di buone maniere, Mr. Locale offre alla scultura del Turista un posto sulla panca accanto a sé e gli passa una fiaschetta che tira fuori dal taschino. Bevuto un sorso, le iridi vivamente dilatate, il Turista inizia a parlare.

 

Turista «Da qualche parte in cui non sono mai stato, piacevolmente al di là di ogni esperienza»[2].

Locale E.E. Cummings, uno dei miei preferiti. Dalla didascalia e dal tuo abbigliamento deduco che sei un turista, e dal tuo accento che sei un connazionale di Cummings. Hai mai letto poesie scozzesi?

Turista «Il Cosmo trascurato, mia dimora, io passo, un estraneo ostinato: la mia padrona è ancora la strada aperta»[3].

Locale  Songs of Travel di Stevenson. Si addice a un turista. È la prima volta che ti trovi in Scozia?

Turista  È difficile da dire. Non sono certo di essere stato cosciente in precedenza, ma potrebbe trattarsi di un problema di memoria. Anche se come turista sono certamente consapevole di essere qui adesso. Ti dispiacerebbe se ti fotografassi?

Locale  Assolutamente no, fai pure. 

Mr. Locale alza la fiaschetta, beve un sorso e, tenendo in mano la bevanda, assume la posa di una scultura, mostrando un sorriso gioviale mentre il Turista solleva la sua macchina fotografica per catturare il momento.

Locale Slàinte Mhath!

Turista Cheers![4]

Locale Whisky. Uisge beatha. Significa ‘acqua di vita’[5]. «Sento questo fiume che scorre dentro di me, il suo passato, la terra antica, il clima mutevole. Le colline gli fan dolce corona: il suo corso è stabilito»[6].

Mr. Locale passa la fiaschetta al Turista, che beve un altro sorso. 

Turista A Roma. A mio avviso batte il bourbon o il whisky di segale. Non ho mai bevuto scotch finché non sono stato in Scozia. È stata, o meglio è, un’esperienza nuova e molto gradita. Si può dire che è una delle cose che più mi piacciono dell’essere un turista – sperimentare cose nuove. Specialmente nuove forme di alcol.

Locale Dall’aspetto di tua moglie, direi che lei è incline più a sperimentare il lato gastronomico delle cose. Anch’io apprezzo un buon pasto. Non posso fare a meno di notare che non si è spostata come hai fatto tu.

Turista Riesce a restare pietrificata in quella posizione. Ipnotizzata, quasi. Ama osservare cose che non ha mai visto prima; per altro, non è una che si muove molto. Preferisce starsene seduta piuttosto che in piedi. Ma datele una panca con vista su qualcosa di nuovo e diventa quasi religiosa nella sua contemplazione di ciò che ha a portata di mano.

Locale «La nostra destinazione non è mai un luogo, bensì piuttosto un modo nuovo di vedere le cose»[7]. I turisti non mi dispiacciono, ne abbiamo parecchi qui a Edimburgo, ma c’è gente secondo la quale il turismo e la contemplazione si escludono a vicenda. Guarda quel mucchio di gente laggiù, non sta nemmeno guardando i dipinti, si limita semplicemente a fotografarli. I vostri commentatori e critici culturali lo considererebbero come la prova del fatto che il turista costituisce l’incarnazione della perdita della capacità, da parte dell’uomo, di sperimentare le cose in modo appropriato.

 

Turista Certo, noi turisti portiamo questo fardello, soprattutto se siamo americani. Ma penso sia ciò che Duane – mio padre – intendesse affrontare quando mi ha creato. Dipingendo queste vene e queste macchie cutanee su di me, ha fatto in modo che il turista, il visitatore, diventasse egli stesso il luogo visitato, la destinazione, mettendo in luce un’umanità comune, al fine di sovvertire le banali accuse mosse al nostro status di turisti. Ho visto molti occhi che mi guardavano, e direi che per la maggior parte delle persone sono uno stereotipo, ma penso che per Duane io sia più un archetipo. Il turista visto come un vagabondo che cambia forma, riconfigurandosi attraverso il tempo, la geografia e la cultura. Mark Twain ha detto che «il viaggio è fatale ai pregiudizi, al bigottismo e alla chiusura mentale»[8], ma credo che il viaggiatore o il turista stessi siano spesso soggetti a tali forme di preconcetto.

Dietro suggerimento di Mr. Locale, i due iniziano a fare un giro all’interno degli spazi della galleria. Nelle sale dedicate all’arte del XVI e XVII secolo, si siedono di fronte a un grande dipinto, il ritratto di Francis Basset, 1º Barone di Dunstanville e Basset (1757-1835), realizzato dall’artista italiano Pompeo Batoni. L’opera raffigura il futuro barone del ‘Grand Tour’, con Castel Sant’Angelo e la Basilica di San Pietro sullo sfondo[9].

Locale (Gesticolando verso il dipinto) Ovviamente i turisti si affollano tutti in Italia. Suppongo che la differenza percepita tra il Grand Tour e il turista medio sia una differenza di intenti. Il tuo ‘gran turista’ vede il viaggio come un’osservazione accademica o didattica delle culture straniere, laddove si presume che per il turista moderno il viaggio sia una forma di svago o, se leggo correttamente la didascalia, una ‘distrazione dal nulla del tardo XX secolo sotto la lucentezza della cultura consumistica’. Senza offesa. In ogni caso è difficile immaginare il Barone di Dunstanville e Basset farsi un selfie in perizoma a Chernobyl o calare i pantaloni a qualcuno davanti a una fotocamera a Machu Picchu, come titola la stampa attuale, indignata, a proposito dei turisti.

Mentre guardano il ritratto, Mr. Locale e il Turista osservano con stupore la figura dipinta del Barone sbattere le palpebre e, con un leggero spostamento di peso dalla gamba sinistra a quella destra, emettere un leggero sospiro e rivolgere loro la parola.

Francis Basset, 1° Barone di Dunstanville e Basset Accademica e didattica? Avete letto i diari di viaggio di Boswell o Byron? Religione, filosofia, sottovesti e passeggiate libidinose. Si possono vedere solo molte rovine prima che la brevità della vita ci sommerga e sopraggiunga la necessità di trovare rimedi all’incantesimo.

Turista Forse per la gente del posto è irritante vedere i propri simili dare priorità all’aspetto sensuale, mentre essi stessi sono assorbiti dalle preoccupazioni pratiche della quotidianità. Conosci la poesia Turisti di Yehuda Amichai? Ho sempre trovato quella poesia vagamente soffocante, in parte condiscendente. Come può l’autore della poesia comprendere con un mero colpo di scopa la riflettente profondità di tutti coloro che vagano attraverso monumenti commemorativi, storie, vecchie strade e vite passate? Sembra che ci sia un senso malriposto di paternità letteraria, come se tali luoghi e tale passato gli appartengano in virtù del suo essere un locale, uno del posto, o del suo essere dotato di un’inclinazione alla sensibilità maggiore rispetto a quella posseduta dai turisti indegni. E poi sostiene che, per i turisti, «la redenzione arriverà solo se sarà la loro guida a dire loro: Vedi quell’arco di epoca romana? Non è importante: ma accanto ad esso, a sinistra e leggermente più in basso, c’è un uomo che ha comprato della frutta e della  verdura per la sua famiglia’’»[10].

Francis Basset, 1° Barone di Dunstanville e Basset Una volta presi del laudano sotto un arco romano. Sopravvalutato, direi. Il laudano, non l’arco. L’arco era bello.

Locale  Non siamo tutti turisti, in ultima analisi?

Turista Possiamo essere filosofici finché vi pare, disquisendo del mio simbolismo intrinseco, di ciò che posso o non posso rappresentare e, ok, credo che ciò abbia la sua importanza. Huxley ha scritto: «Per chi è nato viaggiatore, viaggiare è un vizio fastidioso. Al pari degli altri vizi, è autoritario ed esige dalle proprie vittime tempo, soldi, energia e la rinuncia ai comfort»[11]. Ma ritengo ci si debba interrogare anche sulla misura in cui tale vizio richieda non solo tempo, denaro ed energia ai viaggiatori, bensì anche la destinazione – richiesta che riguarda anche la gente del luogo, i locali come te. Il filosofico e il sociale non sempre intonano la stessa melodia; tuttavia, l’arte, aggregante o empatica, può chiederci di farlo.

Locale Un’opinione diffusa tra gli abitanti locali è certamente quella secondo cui il turismo sta uccidendo i loro villaggi, paesi e città. A Barcellona lo chiamano Parquetematización’’ – l’atto di diventare un parco a tema. Il tessuto sociale e la sua identità sono travolti da un turismo che rende tutto omogeneo nella mediocrità. Viaggi per mezzo mondo e trovi gli stessi negozi che hai a casa, le stesse catene di multinazionali, la stessa massa di gente intenta a farsi dei selfie mentre fa la fila per entrare in un museo o in una galleria d’arte – istituzioni che spesso costituiscono esse stesse un bersaglio glamour per i turisti. Sovrappopolazione. Troppe persone, per non parlare dei troppi turisti. È tutto ‘troppo’ e il capitalismo ne è la mappa. Come coniugare la fede nella democratizzazione del viaggio con la realtà di un turismo di massa che cambia in modo indelebile i luoghi fagocitati dal suo interesse? Risposte su una cartolina.

Per conto del Turista, il Locale fotografa il Barone e lo stesso Turista, che diconocheese’’. Con un cenno rispettoso verso il Barone, che restituisce un cenno meditabondo di solidarietà alla complessità della loro conversazione, il Locale e il Turista proseguono la loro passeggiata per le sale della galleria. Svoltato un angolo, si imbattono nella scultura della Beata Ludovica Albertoni (1671-74)[12], opera di Gian Lorenzo Bernini – un incontro soprannaturale, poiché la scultura è collocata in modo permanente nella Cappella Altieri, appositamente progettata nella Chiesa di San Francesco a Ripa di Roma, in Italia. Il Locale e il Turista si siedono, rapiti dal gioco di luci restituito dal drappo di marmo.

Locale (Rivolgendosi al Turista) Quello che mi piace di te, come opera d’arte, è la tua allusione alla peregrinazione artistica. Sono galvanizzato dalle odissee creative o dal turismo sperimentale fiorito nel tuo ammirevole lignaggio. La flânerie surrealista, ad esempio, era un vagabondare tra la folla alla ricerca di incontri insoliti. I Situazionisti spinsero per un’arte della dérive, o alla deriva, mediante passeggiate clandestine, itinerari itineranti, interventi diretti e passaggi alternativi attraverso la città volti a confondere le esperienze di routine nuotando controcorrente rispetto alla marea dei media, del marketing e della mercificazione. Gli artisti del movimento Fluxus organizzarono dei Free Flux-Tours in aree marginali della città, nel tentativo di reindirizzare i viaggiatori lontano dalle prerogative geografiche del capitalismo. Le agenzie turistiche dovrebbero essere possedute e gestite dagli artisti.

Turista Conosci le tue radici artistiche, qual è la tua storia?

Locale Preferirei non dirlo. Noi locali dobbiamo tenere qualcosa per noi stessi. Anche rispetto agli altri locali. La condivisione è sopravvalutata, un sintomo dell’ansia post-religiosa e del conseguente bisogno di dimostrare che siamo esistiti. Spero non ti dispiaccia.

Turista Certo che no. Sei stato molto gentile con me. Credimi, l’aria che tira a proposito della percezione degli estranei è cambiata da quando sono stato selezionato. La figura del viaggiatore straniero visto come una minaccia è diventata endemica dopo i fatti dell’11 settembre. ‘Psycho Hitchhiker’ del tuo collega Scot Douglas Gordon ha giocato con questa immagine, credo, quando ha impersonato un autostoppista in mezzo a una strada intento a reggere un cartello rivolto agli automobilisti con su scritta la destinazione ‘Psycho’. In qualche modo turisti, visitatori, immigrati, residenti vittime di diaspora, nomadi e vari altri oltrepassatori dei confini veicolano un senso di potenziale minaccia per l’immaginario locale, regionale e nazionale, nonché per l’intera infrastruttura fisica.

Entrambi tornano a osservare la scultura davanti a loro. Vita e morte. Una scultura funeraria sovrastata da un respiro toccante e vivo. La luce fluttuante, modificata dal passaggio delle nuvole mentre si muove sul marmo morto, dà l’illusione che quest’ultimo si muova con il suo respiro. Le pieghe delle vesti ondeggiano esitanti tra il tumulto e la coalescenza nella quiete, tra una cascata e il mare ghiacciato. Mentre guardano la figura di Ludovica, il Locale e il Turista si stupiscono vedendola battere le palpebre e poi, con un leggero spostamento nel marmo, sospirare leggermente e, voltandosi, sorridere loro con dolcezza.

Beata Ludovica Albertoni «Un libro deve essere un’ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi»[13].

Locale Devo tornare a casa, mia moglie si starà chiedendo dove sono, e anche la tua. Sai che ore sono?

Turista Il mio orologio da polso segna le 10:30 dal 1988. Sai che lei in realtà non è mia moglie, vero? Duane ci ha fatti in giorni diversi, non ci siamo mai davvero conosciuti in carne e ossa. Ma come vetroresina, è un’ottima compagna di viaggio.

Il Locale e il Turista tornano nella sala in cui si erano incontrati e si scambiano una stretta di mano silenziosa e amichevole. Rinunciando a una fugace voglia di farsi un selfie con il cellulare, il Locale decide di consegnare il loro incontro ai capricci del proprio bagaglio di ricordi, per essere rigirato dal flusso della corrente. Il Turista si dispone in un’immobilità senza tempo, un ricordo, una fotografia dell’infanzia, un souvenir turistico che parla del nostro bisogno di assorbire il mondo in una significazione incessante, una registrazione intima della nostra variabile esistenza, il visitatore che incide le sue iniziali sul Colosseo, piscia su Stonehenge, sorseggia un margarita, tremante di fronte a un tramonto etereo, in visita da qualche parte per la prima volta, in visita da qualche parte per l’ultima volta.

[1] Duane Hanson: More than Reality, 2001, Schirn Kunsthalle, Frankfurt (2001, mostra esposta presso: Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano; Kunsthal, Rotterdam; National Galleries of Scotland, Edimburgo; Kunsthaus Zurich).

[2] E.E. Cummings, Somewhere I have never travelled, gladly beyond, in E.E. Cummings, Complete Poems, Liveright Classics, 2013.

[3] R.L. Stevenson, Youth And Love: I, in Songs of Travel, Kessinger Publishing Co., 2004.

[4] Le due espressioni, ‘slàinte mhath’ e ‘cheers’ sono qui utilizzate come sinonimi, con il significato di augurio, equivalenti all’italiano ‘salute!’ [N.d.T.].

[5] L’espressione uisge beatha costituisce la versione irlandese del termine whisky e corrisponde al latino aqua vitae [N.d.T].

[6] H. Miller, Tropic of Cancer, Grafton, 1965; [trad. it. di L. Branciardi, Tropico del Cancro, Feltrinelli, Milano 2013].

[7] H. Miller, Big Sur and the Oranges of Hieronymus Bosch, New Directions, 1957; [trad. it. di V. Mantovani, Big Sur e le arance di Hieronymus Bosch, Mondadori, Milano 2000].

[8] M. Twain, The Innocents Abroad / Roughing it, Library of America, 1984; [trad. it. di S. Neri, Gli innocenti all’estero. Viaggio in Italia dei nuovi pellegrini, BUR, Milano 2001].

[9] Pompeo Batoni, Ritratto di Francis Basset, 1º Barone di Dunstanville e Basset (1757-1835). Questo dipinto non è mai stato esposto alla Scottish Gallery of Modern Art. L’opera è stata realizzata a Roma, mentre il soggetto rappresentato si trovava lì ma, spedita in Inghilterra a bordo della fregata britannica HMS Westmoreland, fu sequestrata dai francesi. Più tardi, fu venduta dagli stessi francesi a Carlo III di Spagna ed ora è custodita presso il Museo del Prado.

[10] Y. Amichai, Tourists, in Poems of Jerusalem, HarperCollins, 1988.

[11]A. Huxley, The collected works of Aldous Huxley, Chatto & Windus, 1969.

[12] Gian Lorenzo Bernini, Beata Ludovica Albertoni (1671-74). Questa scultura non è mai stata esposta alla Scottish Gallery of Modern Art. La scultura si trova nella Cappella Altieri, appositamente progettata nella Chiesa di San Francesco a Ripa di Roma, in Italia.

[13] F. Kafka, Letter to Oskar Pollak (27 January 1904) in Id., Letters to Friends, Family and Editors, Schocken Kafka Library, 1990.

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