“Over Yonder ( La Mostra Che Visse due Volte)”

DIS, Jon Rafman, Joshua Citarella, Nik Kosmas, Carmelo Bene, Lito Kattou, Lisetta Carmi, Eleonora Luccarini, Young Agamben, Eli Cortiñas, Sophia Ioannou Gjerding, Natasha Tontey, Alice Yuan Zhang, Matteo Nasini, Trulee Hall, Hawazin Alotaibi, Jacopo Belloni, Oleg & Kaska, Daniela Corbascio, Vito Acconci, Hiba Ali, Peter Campus, Sagg Napoli, Louisa Gagliardi & Adam Crucis, Petra Cortright, Maria Adele Del Vecchio, CATBOX with Mariantonietta Bagliato, Huey Crowley, Tobi Keck, John Fullmer, Kortmann Jaray Katalin, Leo Elia Jung, Mattia Agnelli, Kristína Bukovčáková, Nick Vyssotsky, Filippo Chilelli, Tibor Dieters, Stefania Carlotti, Xueqing Zhu, Susan Sontag, Sara Ravelli…. and more TBA

A cura di Like A Little Disaster

Opening:
Sabato 23 Marzo, inizio 19.00

Date:
23 Marzo / 30 Dicembre 2024
Dal 24 Marzo, visite su appuntamento
info@likealittledisaster.com / likealittledisaster@gmail.com

Like A Little Disaster
Via Cavour, 68
Polignano a Mare

Like A Little Disaster è felice di presentare “Over Yonder ( La Mostra Che Visse due Volte)”, un progetto a lungo termine in cui il contesto espositivo è esperenziabile come un mutaforma in sé; gli artisti e le opere non condivideranno uno spazio-tempo lineare e convenzionale. Nel corso dei mesi il progetto subirà un’azione di perenne metamorfosi. La mostra troverà la sua forza dalla persistenza della transitorietà, attraverso un perenne processo di addizione-sottrazione-moltiplicazione. Le opere assumeranno nuove, imprevedibili e inaspettate conformazioni, associazioni, contestualizzazioni e riproblematizzazioni, alcune scompariranno per sempre, altre solo per brevi e imprecisati periodi di tempo, saranno ciclicamente nascoste ed esposte, in un continuo switch tra visibile e invisibile, primo piano e retroscena.
Persino lo spazio espositivo saltuariamente cambierà di stato, forma e luogo.

 

“Over_Yonder”

Più faccio fatica a comprendere l’altrove, più scopro di esserne contaminato.
Mi tuffo nell’altrove, è appiccicato sul mio corpo.

 

– Depuratore delle acque reflue di Polignano a Mare –

Come costrutto semantico il mondo si regge sulla distinzione tra sfondo e primo piano, o sulla presenza di un “altrove” che proprio come la scenografia di uno spettacolo teatrale fornisce un setting per le azioni dei protagonisti. Se quell’”altrove” scompare, scompare anche il mondo: per questo l’ansia dell’apocalisse portata dal riscaldamento globale è in effetti una realtà dell’apocalisse.
Il mondo è già finito. La pretesa degli ecologisti di salvare il mondo è già fallita in partenza, perché il mondo è già finito. Il mondo esiste solo in quanto agglomerato di senso; senza un soggetto umano che lo pensa, esso si “demondifica”. Questa demondificazione può essere letta come un collasso dell’ordine tradizionale delle cose che vede la natura come uno sfondo contro il quale si staglia il soggetto umano in primo piano. In un’epoca di riscaldamento globale non c’è uno sfondo, e di conseguenza non c’è un primo piano. È la fine del mondo, dal momento che il mondo dipende dagli sfondi e dai primi piani.

La società viscosa in cui viviamo ha costruito le proprie fondamenta sul lavoro di rimozione verso un esterno. Tale pratica viene applicata sia da un punto di vista materiale sia relazionale. La quasi totalità dei meccanismi produttivi del sistema capitalistico produce scarti e rifiuti, che vengono illusoriamente smaltiti in un “altrove”, sempre al di fuori dei luoghi dove tale sistema si riproduce, quindi al di fuori delle città, delle comunità, delle destinazioni turistiche. Il punto è che non esiste l’”altrove”, non c’è un “altrove” dove l’umanità può rifugiarsi per sfuggire ai problemi che essa stessa ha creato, non c’è alcun luogo fuori dal nostro sguardo in cui ci illudiamo di smaltire i residui dell’industria turistica o le scorie e i materiali radioattivi che sempre e comunque disperderanno radiazioni, le quali sempre e comunque arriveranno a noi, attraverseranno i nostri corpi. Siamo costretti a vivere in un mondo ontologicamente piatto privo di qualsiasi tubo di scarico, un mondo in cui non c’è nessun “altrove”.

Come al solito, solo quando un meccanismo si rompe o si inceppa, ci accorgiamo che esiste e da cosa è realmente composto.

A volte il riscaldamento globale non scalda: al contrario, si manifesta stranamente come freddo pungente o sotto forma di violente tempeste. La mia sensazione di calore sulla nuca è solo una rappresentazione distorta della mano calda del riscaldamento globale. Ci ha sempre fatto comodo pensare che la forma a U degli scarichi domestici fosse una comoda curvatura dello spazio ontologico, capace di portare in un “​altrove”​ qualsiasi cosa si gettasse in una dimensione completamente diversa, lasciando tutto pulito qui in superficie. Ora sappiamo come stanno le cose: invece che nella terra dell’”altrove”, i rifiuti vanno a finire in un impotente impianto di trattamento delle acque reflue.